Nei tiepidi e luminosi giorni di maggio e giugno non è raro imbattersi, passeggiando nei campi o nei prati, ai margini delle strade o in luoghi incolti, in ciuffi di piccole stelle a sei punte, bianche come il latte. Non più grandi di una moneta, osservando meglio si può scorgere al centro una coroncina con sei denti dalle punte gialle, gli stami. La stellina è la Stella di Betlemme, o latte di gallina, detta anche cipollone bianco, o più scientificamente Ornithogalum umbellatum, che significa appunto "latte d’uccello".
Come un uccello vince la forza di gravità e leggero si libra nel cielo, allo stesso modo il delicato fiore ha qualcosa d’aereo e un che di puro, innocente, come il latte fresco.
Ricorda l'elegante volo del gabbiano e più ancora della colomba, è simbolo in tutto il mondo di pace, e non a caso, come vedremo.
Questa delicata piantina, originaria dell'area mediterranea, é particolarmente diffusa nel Vicino Oriente, in Palestina, da qui il suo nome. In quei luoghi i suoi bulbi sono in vendita dappertutto; vengono utilizzati come cibo, crudi, seccati o arrostiti e denominati "sterco di piccione", un altro rimando al mondo degli uccelli, e precisamente alla colomba bianca, che una volta era venerata come uccello di Istar, Astarte, Venere e altre dee, poi divenne nel Cristianesimo simbolo dello Spirito Santo e dell'Immacolata Concezione e simbolo della pace ai nostri giorni.
La simbologia che circonda questo tenero fiorellino, già evidente dalle prime battute, è molto complessa.
Esso appartiene alla famiglia delle Liliacee, come il giglio, il colchico e i più umili aglio e cipolla.
In tutto il Vicino Oriente il giglio bianco era simbolo di purezza, innocenza e verginità. Nelle leggende è legato alla venuta del Cristo, del Salvatore, ed è con un giglio in mano che l'Arcangelo Gabriele scese dall'alto dei cieli per annunciare alla Vergine la concezione del figlio di Dio.
La scena può essere interpretata come l'archetipo della discesa del Sé Spirituale nella personalità purificata pronta ad accoglierlo. Nell'iconografia cristiana, inoltre, molti santi sono rappresentati con il giglio bianco nella mano: Giuseppe, Francesco, Gertrude, Luigi, Antonio da Padova, con rimandi alla purezza conquistata e alla realizzazione spirituale.
Tutti i significati che in Occidente sono attribuiti al simbolo del fiore bianco, li ritroviamo collegati in Oriente al fior di loto. Questi, elevandosi sopra l’acqua fangosa col suo calice, si apre al sole restando puro da contaminazioni materiali. Nell'antica Grecia una leggenda narra che il giglio bianco nasce dalle gocce di latte spruzzate per caso dai seni di Era, la dea dalle bianche braccia e regina degli dei, cadute sulla terra.
Come la Stella di Betlemme, anche il latte è considerato dappertutto "celeste".
Il nuovo nato riceve il latte materno come primo nutrimento, prima che gli crescano i duri denti minerali con i quali lottare per avanzare nella vita terrena. Il bianco indica il cammino che dal cielo porta all'incarnazione sulla Terra. Il bianco non è solo il colore del latte, ma anche quello del pallore della morte e delle ossa sbiancate, così simboleggiando il ritorno nel misterioso grembo dell'essere. In un senso più alto potrebbe però anche rappresentare la "morte" del sé personale, preludio alla piena espressione del Sé Superiore.
Continuando in questo breve excursus nella simbologia del nostro fiore, notiamo che esso è caratterizzato da una simmetria ternaria o senaria. Ricorda il candido fiocco di neve che scende dal cielo invernale sciogliendosi sulla terra calda in una goccia tondeggiante. Entrambi formano una stella regolare a sei punte, che, come il sigillo di re Salomone, può essere raffigurata come due triangoli che si compenetrano. Il triangolo è la forma geometrica più stabile e conclusa in sé che esista. Esso è ovunque il simbolo della Trinità, numero tre, sacro e perfetto. La riduzione dalla molteplicità all'Uno, dall'imperfetto al perfetto, si esprime compiutamente nel sigillo di Salomone. Il triangolo con la punta rivolta verso l'alto rimanda allo Spirito che si riflette nell'immagine speculare del triangolo inferiore, la manifestazione materiale, con la quale si unisce formando la nota stella a sei punte.
In moltissime tradizioni i due triangoli uniti simboleggiano l'unione e la perfetta armonia degli elementi inferiori e di quelli superiori, del principio femminile con quello maschile, delle forze ascendenti e di quelle discendenti, della materia e dello spirito. Altri rimandi a questo simbolo li ritroviamo nella tradizione ermetica per la quale esso indica i sette metalli di base, e i sette pianeti disposti ai vertici dei triangoli e uno al centro. Abbiamo al centro l'oro e il Sole; la punta superiore è l'argento e la Luna; l'inferiore il piombo e Saturno; le punte in alto, a destra il rame e Venere, a sinistra il ferro e Marte; le punte in basso, a destra il mercurio e Mercurio, a sinistra lo stagno e Giove.
Sappiamo, inoltre, che tutto il lavoro dell'alchimia consiste nella trasmutazione dell'imperfezione che si trova alla periferia nella perfezione che si trova al centro e che è rappresentata dal simbolo del Sole. Molti autori hanno visto nella Grande Opera, la trasformazione del piombo in oro, che è innanzi tutto un lavoro di trasformazione interiore, un'ascesa che tende a condurre l'essere, scisso nelle molte tendenze e parti, all'unione con il principio divino, così chiudendo il cerchio del simbolismo di questa struttura geometrica.
Abbiamo visto sopra l'analogia con il fiocco di neve e di come questo si sciolga toccando terra, immagine che rimanda al bulbo dell'ornitogallo, simile ad una goccia d'acqua. Il dominio della Luna, signora delle acque, è qui evidente: nel bulbo globoso che assorbe acqua, e nel fiore bianco come il latte, ma anche come la luce lunare.
Anche Mercurio si fa notare: la geometria del fiore è un'immagine esatta dei tre anelli che il pianeta Mercurio traccia nella sua rivoluzione sinodica, attraversando lo zodiaco lungo l'eclittica.
Questa pianta, così interessante sul piano simbolico, non trova applicazione nella fitoterapia occidentale, mentre l'omeopatia ne utilizza una tintura per svariate sindromi. Essa è utilizzata dagli indigeni sudafricani per le sue proprietà favorenti il flusso mestruale e purificanti, ricollegandosi così inconsapevolmente alla complessità del simbolo.
Nella Floriterapia del dottor Bach la Stella di Betlemme (Star of Bethlehem) è considerata un rimedio per coloro che soffrono delle conseguenze di uno shock fisico, emotivo o mentale. Questa pianta neutralizza gli avvenimenti traumatizzanti e rimette in equilibrio i meccanismi autocurativi del corpo. Essere in stato di shock significa in qualche modo rinchiudersi in se stessi, "tirarsi indietro" e prendere le distanze dall'esperienza dolorosa. L'individuo traumatizzato assume spesso una posizione fetale, come se si rifugiasse in uno stato prenatale, più sicuro e lontano dalla vita terrena, con le sue sfide paurose. Molte malattie psicosomatiche hanno la loro causa in un trauma non risolto. A volte lo stato negativo si manifesta con un atteggiamento apatico, "spento", di ritiro rispetto alla vita, con chiusura e disinteresse.
L'errore della personalità consiste nel rifiuto interiore di partecipare attivamente alla vita sotto la guida dell'Io Superiore. Subito uno shock, essa si ritira in se stessa, accumula esperienze non comprese né elaborate, e così facendo "avvelena" se stessa mandando oltre tutto in tilt il sistema energetico a causa del lavoro che esso deve svolgere per tenere tutto il materiale rimosso a bada. Occorre molta energia per mantenere tali le rimozioni, è come tenere occupata una parte della psiche e non lasciare spazio per altro. Questo stato bloccato impedisce di realizzare il progetto che l'Anima ha per la personalità e così essa non vive il suo compito.
Il dottor Bach definiva questo fiore "il rimedio che conforta l'anima e placa il dolore". Al positivo la Stella di Betlemme dà forza interiore nonostante lo shock, risveglio della forza vitale con superamento dei blocchi energetici, guarigione veloce sia fisica sia emotiva, riequilibrio del sistema nervoso, consolazione dal dolore.
In poche parole dà riorientamento e risveglio.

Bibliografia
• M. Scheffer, W.D. Storl
• Le piante per la psiche - IPSA editore
• M. Scheffer - Terapia con i fiori di Bach - Tea Pratica
• J. Chevalier, A. Gheerbrant - Dizionario dei simboli - BUR Rizzoli