Nella nostra lingua il nome del melo è la traduzione del latino “malum” che
deriva, a sua volta, dal dorico “malon”.In francese si dice “pomme” dal
latino “pomum”, che indicava qualunque tipo di frutta a nocciolo o a
seme. Il termine inglese e tedesco, rispettivamente “apple” e “apfel”,
derivano invece dalla radice indoeuropea “abel”, come “aval”, la mela
in bretone e gallese, da cui deriva il nome di Avallon, la mitica
“isola delle mele”. Avallon è l’isola mitica dove Artù fu curato da sua
sorella Morgana, dopo la battaglia di Camlon. La mela è il frutto che
procura sapienza e immortalità. E’ anche il nome generico per l’Altro
Mondo.La mela è il frutto dell’immortalità e della conoscenza, insieme
alle ghiande e alle nocciole.In una leggenda celtica, il dio Lug porta
in dono al gran re Cormac un ramo dell’Altro Mondo: è un ramo adorno di
tre mele ed è l’insegna della regalità.
Ercole e i pomi d’oro
Il melo è l’albero simbolico della conoscenza salvifica che conduce all’immortalità.
Un mito greco narra che Ercole aveva compiuto le dieci fatiche imposte da
Euristeo: grazie a esse, l’eroe, figlio di Zeus e di una mortale,
Alemena, sarebbe diventato un Dio. Ma Euristeo, che non riteneva valide
la seconda e la quinta fatica, gliene impose altre due.
L’undicesima consisteva nel cogliere i frutti d’oro di un melo, dono di nozze della Madre Terra ad Era, che l’aveva piantato nel suo giardino,
sulle pendici del monte Atlante, dove i cavalli del sole terminavano la
loro corsa e i greggi e le mandrie di Atlante vagavano su pascoli che
nessuno osava violare. Era ne aveva affidato la custodia ad Atlante,
prima che questi fosse condannato a reggere il peso del Globo sulle
spalle.Temi mise in guardia il Titano dicendogli :” Il tuo albero sarà
spogliato dalle mele d’oro da un figlio di Zeus”.
Preoccupato, Atlante costruì solide mura attorno all’orto, cacciando tutti gli
stranieri dalla sua terra e affidando il sacro albero alle sue figlie,
le Esperidi e ad un drago guardiano: Ladone.Quando Ercole ricevette
l’ordine di impadronirsi delle mele d’oro, non sapeva dove fossero
situate.S’incamminò attraverso l’Illiria fino a raggiungere il fiume
Eridano, patria del profetico Nereo.Nereo gli consigliò di non cogliere
le mele con le proprie mani, ma di servirsi di Atlante, alleggerendolo,
nel frattempo, dell’enorme peso del globo terrestre che gravava sulle
sue spalle. Così, Ercole chiese questo favore al Titano che era
disposto a qualunque cosa per avere almeno un ora di sollievo, ma
Atlante aveva paura del drago, sicché pose come condizione di
ucciderlo.Ercole uccise il drago e il titano portò le tre mele,
raccolte dalle figlie, ma non aveva alcuna intenzione di riprendere il
suo ingrato posto. ”Porterò io stesso le mele a Euristeo,” disse “se tu
reggerai il cielo sulle tue spalle, per due o tre mesi ancora”. Ercole
finse di accettare, ma seguendo il consiglio di Nereo, pregò Atlante di
riprendere il globo per solo pochi minuti ancora: il tempo di fasciarsi
il corpo. Il titano posò a terra le mele, riprendendo il suo carico e
l’eroe poté raccogliere i frutti, allontanandosi con un saluto di
scherno. Il mito è l’allegoria di un cammino iniziatico* dove colui che
tende alla comunione divina deve superare una o più prove per poter
ricevere le mele d’oro della conoscenza salvifica.
La mela è il frutto per eccellenza. Con la sua forma sferica ha suggerito all’uomo la totalità del cielo e della terra: una specie di simbolo del potere
massimo terrestre e divino insieme.
Nella tradizione ebraico-cristiana il melo è l’albero del bene e del male, nella
mitologia scandinava la mela è il cibo degli dei.
Sono tre mele
d’oro che tentano Atalanta a fermarsi e a perdere la scommessa con
Ippomene; è una mela d’oro che scatena la guerra di Troia, è una mela
il frutto che, consacrato ad Afrodite, a partire dal 3° sec. d.C., in
Grecia, viene gettato al giovanetto o alla fanciulla per scegliere il
compagno di banchetto; sono mele i frutti dell’immortalità del giardino delle Esperidi che Ercole, nella sua undicesima immane fatica, riesce a conquistare.
"Il simbolismo del pomo gli è conferito, afferma E. Bertrand, dal fatto che
contiene al centro, formato dagli alveoli che racchiudono i semi, una
stella a cinque punte. E’ per questo che gli iniziati ne hanno fatto il
frutto della conoscenza e della libertà. Dunque, mangiare il pomo
significa per essi abusare dell’intelligenza per conoscere il male,
della sensibilità per desiderarlo, della libertà per farlo. Ma come
sempre accade, l’uomo comune ha preso il simbolo per realtà. La
chiusura del pentagramma, simbolo dell’uomo-spirito, all’interno della
carne del pomo rappresenta inoltre l’evoluzione dello spirito reso
prigioniero della incarnazione".
Questa osservazione è contenuta
anche nell’Ombre des Cathédrales di Robert Ambelain: "Il pomo, anche ai
nostri giorni, nelle scuole iniziatiche, è il simbolo della conoscenza
poiché, tagliandolo in due (nel verso perpendicolare all’asse del
peduncolo), vi si trova un pentagramma, tradizionale simbolo del
sapere, disegnato dalla disposizione stessa dei semi".
Nelle tradizioni celtiche, il pomo è un frutto di scienza, di magia e di rivelazione. E’ anche un nutrimento meraviglioso.
La donna dell’Altro Mondo che viene a cercare Condle, il figlio del re
Conn dalle cento battaglie, gli consegna un pomo che lo nutre per un
mese e non si consuma mai.
Fra gli oggetti meravigliosi la cui
ricerca è imposta dal dio Lug ai tre figli di Tuireann, in espiazione
dell’omicidio di suo padre Cian, figurano i tre pomi del giardino delle Esperidi: chiunque ne mangi non avrà più fame e sete, dolore e malattia ed essi non si consumano mai.
In alcuni racconti bretoni, mangiare un pomo costituisce il prologo di una
profezia. Se il pomo è un frutto meraviglioso, il melo (abellio, in
celtico) è anch’esso un albero dell’Altro Mondo.
La donna dell’Altro Mondo che va a cercare Bran, gli dà un ramo di melo prima di trascinarlo al di là del mare.
Emain Ablach in irlandese, Ynys Afallach in gallese, l’isola d’Avalon,
altrimenti detta il pometo, sono i nomi di questo soggiorno mitico in
cui riposano i re e gli eroi defunti.
Nella tradizione britannica, re Artù vi si rifugiò in attesa di venir liberato ad opera dei suoi compatrioti gallici e bretoni dal giogo straniero.
Merlino nei testi, ammaestra sotto un melo.
Presso i Galli era un albero sacro come la quercia.

fonte: strega delle mele