di Davide Mana ( micropaleontologo)
Titolo: Scoperte le cause dell’estinzione dei Draghi?
http://www.arpnet.it/cs/alia/scritti/drago.pdf
[da BBC Online - Science & Technology, 29 Maggio 2010]
Siamo forse co-responsabili dell’estinzione dei draghi?
I draghi, terribili creature della leggenda, hanno forse subito lo stesso destino del dodo, del panda e dell’uomo di Piltdown?
È l’ipotesi che sembrerebbe emergere dalla ricerca dello staff di ricercatori dell’Università di Torino recentemente
pubblicata da Nature.
L’equipe dell’ateneo torinese ha reso pubblici i risultati della campagna di studi 2008/2009 sui resti fossili rinvenuti
in alta Valle di Susa nel 2006 (D. gallii occitana) e nella valle del Reno nel 2008 (D. germanica).
“Gli indizi erano chiari,” ha commentato il portavoce del team di ricerca, “Si trattava solo di compiere il giusto passaggio
logico per arrivare alla spiegazione.
Fin dal rinvenimento del primo drago fossile (lo scheletro parziale di Draconis cappadocii rinvenuto ad Erzurum, in
Turchia, nel 2005), queste creature un tempo considerate leggendarie sono state soggette ad una estesa ed approfondita
serie di analisi; il che non sorprende, considerando che alla luce delle nuove scoperte, è stato necessario rivedere
la linea evolutiva dei dinosauri e ridimensionare l’ipotesi Nemesi dell’estinzione Cretacica, oltre a declassare il delfino
al rango di terza creatura più intelligente sul pianeta in tempi storici.
In particolare, le cause della morte dei draghi, una catastrofe ecologica che si colloca a cavallo fra il 14° ed il 16°
secolo, ha ovviamente sollevato una grande quantità di domande.
L’esame geochimico della crescita degli artigli ha rilevato una serie di picchi anomali alla microsonda in tutti ed otto
gli esemplari finora rinvenuti. L’interpretazione classica è che l’organismo del drago non fosse in grado di fissare questi
elementi, forse come conseguenza di un morbo virale estintosi col suo organismo-ospite preferito.
Il team di Torino, il primo ad eseguire una analisi statistica sulle analisi chimiche dei resti, propone ora una nuova
interpretazione per le carenze rilevate in litio ed altri metalli.
“La composizione chimica parla chiaro,” ha commentato il professor Aurelio Facchinelli, docente di Geochimica e
presidente del Dipartimento di Geologia: secondo la nuova interpretazione, la carenza chimica nei draghi europei
sarebbe dovuta ad un consumo eccessivo di quegli elementi utilizzati dall’organismo dei grandi predatori volanti per
sintetizzare in abbondanza proteine e ormoni legati all’attività dell’ipotalamo.
Si tratterebbe di equivalenti dell’epinefrina e della norepinefrina - liberati dal sistema endocrino in situazioni di particolare
stress.
Ed una condizione di stress continuativo non solo obbliga l’organismo a sfruttare anche le scorte accumulate a livello
dei tessuti per mantenere la produzione di questi meta-ormoni al livello richiesto, ma è in grado di sbilanciare molti
dei più delicati equilibrii biochimici, inasprendo condizioni patologiche precedenti (insufficienze cardiache congenite,
immunodeficienze acquisite) o generandone delle nuove (ulcere gastriche, masse tumorali).
“Fino a che non troveremo dei tessuti molli conservati,” ha dichiarato uno dei paleontologi del team torinese, “non
potremo avere la certezza matematica, ma la probabilità è molto forte: una vita troppo stressata è ciò che ha messo
fine ai draghi ed al loro dominio nei cieli del medioevo. Si nono letteralmente estinti per il karoshi. Stress da
superlavoro.”
I critici dell’interpretazione hanno fatto presente che i dati sui quali i ricercatori Torinesi hanno lavorato non sono
completi: manca proprio il rappresentante più enigmatico, fra quelli finora scoperti, il fantomatico Lung cinese (D.
sinensis), il drago acquatico rinvenuto l’anno passato nei sobborgi di Chengdou.
A riguardo, Facchinelli è ironico. “Quando il governo cinese ci permetterà di dargli un’occhiata, potremo dire se è
davvero così diverso.”
Resta il problema della responsabilità umana.
Il team torinese ha confrontato dati statistici e dati storici.
“A ben pensarci, le antiche cronache... quelle che una volta chiamavamo favole o leggende, indicavano con una certa
chiarezza la strada da seguire.”
A parte accumulare ingenti ricchezze (finora mai ritrovate in associazione coi resti fossili), i draghi parevano dedicare
una parte consistente del proprio tempo a predare le campagne circostanti la loro tana: “Una bestia di quelle dimensioni,
in grado di volare e sputare gas infiammabile, deve avere un metabolismo piuttosto accelerato.”
Ma non sarebbe stato il furto di una mucca ogni tanto a mettere nei guai i grandi rettili. E neanche le razzie nei campi.
“I contadini avevano altre preoccupazioni,” osserva lapidario il responsabile dell’analisi statistica principale. “Sono
state le donne. La tendenza di queste bestie a rapire e trattenere contro la loro volontà giovani principesse è molto ben
documentata - troppo ben documentata per non essere significativa. E non dimentichiamo che nessuno dei draghi
finora rinvenuti mostra di aver affrontato un combattimento con un cavaliere senza macchia e senza paura.”
Il team di Torino non ha quindi dubbi. “Immaginate un organismo altamente intelligente, bloccato per giorni con una
quindicenne viziata della classe superiore. Non c’è da sorprendersi se lo stress li ha uccisi tutti.”
[l’autore desidera ringraziare Massimo Citi, per l’idea di partenza]
Titolo: Scoperte le cause dell’estinzione dei Draghi?
http://www.arpnet.it/cs/alia/scritti/drago.pdf
[da BBC Online - Science & Technology, 29 Maggio 2010]
Siamo forse co-responsabili dell’estinzione dei draghi?
I draghi, terribili creature della leggenda, hanno forse subito lo stesso destino del dodo, del panda e dell’uomo di Piltdown?
È l’ipotesi che sembrerebbe emergere dalla ricerca dello staff di ricercatori dell’Università di Torino recentemente
pubblicata da Nature.
L’equipe dell’ateneo torinese ha reso pubblici i risultati della campagna di studi 2008/2009 sui resti fossili rinvenuti
in alta Valle di Susa nel 2006 (D. gallii occitana) e nella valle del Reno nel 2008 (D. germanica).
“Gli indizi erano chiari,” ha commentato il portavoce del team di ricerca, “Si trattava solo di compiere il giusto passaggio
logico per arrivare alla spiegazione.
Fin dal rinvenimento del primo drago fossile (lo scheletro parziale di Draconis cappadocii rinvenuto ad Erzurum, in
Turchia, nel 2005), queste creature un tempo considerate leggendarie sono state soggette ad una estesa ed approfondita
serie di analisi; il che non sorprende, considerando che alla luce delle nuove scoperte, è stato necessario rivedere
la linea evolutiva dei dinosauri e ridimensionare l’ipotesi Nemesi dell’estinzione Cretacica, oltre a declassare il delfino
al rango di terza creatura più intelligente sul pianeta in tempi storici.
In particolare, le cause della morte dei draghi, una catastrofe ecologica che si colloca a cavallo fra il 14° ed il 16°
secolo, ha ovviamente sollevato una grande quantità di domande.
L’esame geochimico della crescita degli artigli ha rilevato una serie di picchi anomali alla microsonda in tutti ed otto
gli esemplari finora rinvenuti. L’interpretazione classica è che l’organismo del drago non fosse in grado di fissare questi
elementi, forse come conseguenza di un morbo virale estintosi col suo organismo-ospite preferito.
Il team di Torino, il primo ad eseguire una analisi statistica sulle analisi chimiche dei resti, propone ora una nuova
interpretazione per le carenze rilevate in litio ed altri metalli.
“La composizione chimica parla chiaro,” ha commentato il professor Aurelio Facchinelli, docente di Geochimica e
presidente del Dipartimento di Geologia: secondo la nuova interpretazione, la carenza chimica nei draghi europei
sarebbe dovuta ad un consumo eccessivo di quegli elementi utilizzati dall’organismo dei grandi predatori volanti per
sintetizzare in abbondanza proteine e ormoni legati all’attività dell’ipotalamo.
Si tratterebbe di equivalenti dell’epinefrina e della norepinefrina - liberati dal sistema endocrino in situazioni di particolare
stress.
Ed una condizione di stress continuativo non solo obbliga l’organismo a sfruttare anche le scorte accumulate a livello
dei tessuti per mantenere la produzione di questi meta-ormoni al livello richiesto, ma è in grado di sbilanciare molti
dei più delicati equilibrii biochimici, inasprendo condizioni patologiche precedenti (insufficienze cardiache congenite,
immunodeficienze acquisite) o generandone delle nuove (ulcere gastriche, masse tumorali).
“Fino a che non troveremo dei tessuti molli conservati,” ha dichiarato uno dei paleontologi del team torinese, “non
potremo avere la certezza matematica, ma la probabilità è molto forte: una vita troppo stressata è ciò che ha messo
fine ai draghi ed al loro dominio nei cieli del medioevo. Si nono letteralmente estinti per il karoshi. Stress da
superlavoro.”
I critici dell’interpretazione hanno fatto presente che i dati sui quali i ricercatori Torinesi hanno lavorato non sono
completi: manca proprio il rappresentante più enigmatico, fra quelli finora scoperti, il fantomatico Lung cinese (D.
sinensis), il drago acquatico rinvenuto l’anno passato nei sobborgi di Chengdou.
A riguardo, Facchinelli è ironico. “Quando il governo cinese ci permetterà di dargli un’occhiata, potremo dire se è
davvero così diverso.”
Resta il problema della responsabilità umana.
Il team torinese ha confrontato dati statistici e dati storici.
“A ben pensarci, le antiche cronache... quelle che una volta chiamavamo favole o leggende, indicavano con una certa
chiarezza la strada da seguire.”
A parte accumulare ingenti ricchezze (finora mai ritrovate in associazione coi resti fossili), i draghi parevano dedicare
una parte consistente del proprio tempo a predare le campagne circostanti la loro tana: “Una bestia di quelle dimensioni,
in grado di volare e sputare gas infiammabile, deve avere un metabolismo piuttosto accelerato.”
Ma non sarebbe stato il furto di una mucca ogni tanto a mettere nei guai i grandi rettili. E neanche le razzie nei campi.
“I contadini avevano altre preoccupazioni,” osserva lapidario il responsabile dell’analisi statistica principale. “Sono
state le donne. La tendenza di queste bestie a rapire e trattenere contro la loro volontà giovani principesse è molto ben
documentata - troppo ben documentata per non essere significativa. E non dimentichiamo che nessuno dei draghi
finora rinvenuti mostra di aver affrontato un combattimento con un cavaliere senza macchia e senza paura.”
Il team di Torino non ha quindi dubbi. “Immaginate un organismo altamente intelligente, bloccato per giorni con una
quindicenne viziata della classe superiore. Non c’è da sorprendersi se lo stress li ha uccisi tutti.”
[l’autore desidera ringraziare Massimo Citi, per l’idea di partenza]