Già chiesi all'inizio dell'avventura di avere pazienza, se trovate ripetizioni, fate finta di nulla.....
Il drago, con la sua forza tellurica che scaturisce dalle viscere della terra e la sua forza eterica che discende dal cielo, non è ne dio né diavolo, ma associa in sé entrambe queste due forze occulte della relazione.
Il Drago sintetizza in sé tutte le forze della natura. Vive nelle grotte e custodisce le terre e le caverne, guardiano quindi di un rifugio dove esistono forze magiche che devono essere impiegate unicamente da uomini di grande saggezza e conoscenza. La caverna diviene simbolo dell’uomo in cui il drago alberga allo stato latente, come addormentato, ma sempre pronto al risveglio. Ma se tale risveglio avviene in un tempo errato, esso divora colui che ha osato affrontare la caverna senza essere sufficientemente preparato. Ciò accade perché il drago è guardiano del tesoro, e tale tesoro si trova, sovente, sotterrato in fondo ad una caverna che simboleggia il cuore nascosto della terra e rappresenta la via interiore. Cosi i mostri o i draghi che custodiscono questo tesoro non sono altro che le immagini dei nostri desideri e delle nostre passioni che ci impediscono di accedervi.
L’oro, inalterabile e puro metallo, è sotto differenti forme, il simbolo di questo tesoro che si origina nelle profondità della terra (l’interiorità) che, associato alla vita è energia vitale, virtù e tutto ciò che vi è di positivo e degno di essere ricercato; quindi il drago diviene simbolo delle forze materiali che si frappongono tra il desiderio della conoscenza e la conoscenza stessa, che rimane nascosta.
Il drago è, prima di tutto, il guardiano di una sfera interdetta agli uomini ordinari. La sua missione fondamentale è quella di uccidere tutti coloro che bramano il tesoro ma che non possiedono un cuore abbastanza puro per ottenerlo. In questo senso appare il suo ruolo di guardiano dei segreti del divino che, alato, vola tra cielo e terra come un guardiano severo per impedire il passaggio verso le sfere più alte a elementi non preparati o purificati.
Ma il drago appartiene a tutti i mondi: deriva il suo corpo dai rettili, dai pesci, dagli insetti, dai felini, ha corna di cervo, zampe di aquila e molte altre forme ancora; compone così il suo aspetto a seconda di ciò che ogni uno vuole che sia, secondo i propri timori e le proprie paure, fintantoché non è domato. Così come può provenire dalle acque superiori, al pari frequenta le profondità sotterranee, sorge da ogni dove e da nessun luogo: giunto dallo stato più profondo della coscienza, è generato dalle ancestrali paure o dalle angosce viscerali, illustra nell’immaginario, ciò che è nascosto nei differenti piani del nostro essere ai diversi livelli di coscienza.
In questa manifestazione, il drago diviene l’archetipo della bestia, che traduce le paure elementari e i grandi istintivi timori della nostra natura animale.
Eppure, pur essendo manifestazione di ogni paura, il drago è simbolo benefico e positivo.
Il ciclo di vita e morte è rappresentato nell’antica alchimia con il simbolo dell’uroboros, il serpente drago che si morde la coda, vale a dire che realizza l’unità dei contrari: l’uroboros che si autoinghiotte illustra l’eterno movimento del ciclo vita morte ed esprime l’unità fondamentale dello spirito e della materia, secondo l’idea che ogni creazione deriva da Dio per tornare a Dio, si genera e si consuma da se stessa in un viaggio circolare senza fine. È l’immagine del tutto è uno e di tutto è in uno.
Così il drago, associato all’origine di tutte le cose, presiede ugualmente alla loro fine, poiché, secondo la visione ciclica dell’universo, la fine è allo stesso tempo un inizio.
Evolversi significa morire ad uno stato e nascere ad un altro. Il drago nella tradizione alchemica è fatto a pezzi e smembrato prima di poter rinascere. In questo modo il mondo alchemico evoca il metodo che deve condurre al risveglio: smembrare il drago significa scoprire i suoi elementi fondamentali, e il drago associato all’uroboros è l’universo circolare che non ha ne inizio ne fine, a questo punto l’uroboros indica la concezione in cui lo smembramento prelude all’ordine attraverso la conoscenza.
Vediamo come.
Quando nelle mitologie il drago incarna la natura del male, spetta all’eroe affrontarlo. Il drago deve essere vinto quando evoca istintivi terrori che sono tanto più forti quanto si crede di non poterli domare. Vincere il drago allora significa opporsi alle forze istintive, agli inconsci terrori, dominarli e ristabilire l’ordine umano e celeste.
Il drago, riflette l’immagine profonda dei poteri femminili, che sono quelli di generare la vita e nutrirla; di completare con la sua azione passiva, l’aggressività inerente alla natura istintiva dell’uomo; in questo senso, la lotta contro il drago ha per scopo quello di riconquistare i poteri femminili, elementi senza i quali l’uomo non può essere completo. Qui si manifesta la forma anfibia del drago che vive nelle acque, custode delle fonti, dei fiumi, dei laghi e dei mari, acqua che rappresenta la natura femminile e il suo relativo profondo subconscio. Per conquistare il tesori custodito dal drago, l’uomo deve necessariamente essere completo, deve cioè ritrovare la sua componente femminile nel suo essere, motivo per cui nelle storie di draghi è sempre una fanciulla ad essere prigioniera.
Combattendo il drago l’eroe realizza una triplice operazione: purifica col coraggio le forze che gli impedivano di combattere il proprio drago interiore, recupera il complementare elemento femminile e si apre la via di accesso al tesoro. Ma affrontare il drago significa anche attraversare il fuoco; fuoco che arde nel petto del drago e che equivale a dominare il fuoco delle passioni e dei desideri che divorano l’uomo come altrettanti draghi. Incatenare il drago, quindi, significa rendersi padroni delle forze onnipotenti della natura, ivi comprese quelle inerenti alla natura femminile.
articolo tratto interamente dal sito http://www.tol-jari.net/doc.simboli/drago_file/drago.htm