IL COLORE BLU - IL GUADO, PIANTA DEL BLU

La bellezza di fiori e piante. Le proprietà e gli usi di Erbe e Cristalli, meravigliosi doni di Madre Terra
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drago-lontra blu
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IL COLORE BLU - IL GUADO, PIANTA DEL BLU

Messaggioda drago-lontra blu » 31/01/2010, 15:01

Il colore blu è stato molto ambito in passato come segno di distinzione
e di rango ed è tuttora molto usato.
Il colorante per gli indumenti deriva sostanzialmente da
due fonti vegetali: l'isatis tintoria e l'indigofera tinctoria.




Isatis tinctoria altrimenti conosciuta con il termine di guado. Simile alla colza (Brassica napus); entrambe appartengono alla famiglia delle Brassicaceae.

Il
colorante blu si estrae dalle foglie raccolte durante il primo anno di
vita. Dopo macerazione e fermentazione in acqua si ottiene una
soluzione giallo-verde che agitata e ossidata fa precipitare i fiocchi
d'indaco (indigotina). È un colorante molto solido, utilizzabile nella
tintura dei tessuti - è stato il colorante dei jeans, all'inizio - ma anche in cosmetica e nelle tecniche pittoriche.




Pianta dell'indaco: Indigofera tinctoria - Fam. Fabaceae

L'indaco è una sostanza colorante azzurra, molto solida, che si produce a
partire dai rami e dalle foglie di una pianta inizialmente coltivata in
India (da cui ‘indaco'), Cina e Indonesia, ma poi acclimatata anche da
noi. In Europa, per la colorazione blu, si estraeva l'indaco dal guado (Isatis tinctoria),
finché Marco Polo non importò il nuovo procedimento dall'Oriente. Il
colorante vegetale e' ottenuto per macerazione delle parti della pianta
(contenenti indicano) in cisterne d'acqua, con aggiunta di calce o
ammoniaca e successiva ossidazione all'aria. L'indaco indiano si è però
diffuso in Europa solo dopo il 1500.




I Tuareg
sono conosciuti in Occidente come ‘gli uomini blu' - per il
tradizionale mantello che scopre solo gli occhi e a volte colora la
loro pelle
.

I Tuareg sono una popolazione nomade del Sahara,
nei luoghi spartiti tra Mali, Niger, Algeria, Libia e altre nazioni.
Di religione islamica, sono stati perseguitati e uccisi per secoli,
sia dai musulmani che dai cristiani.
Malgrado la fierezza del popolo, il mito che li accompagna e una
cultura antica e complessa, assediati dalla siccità e dalla
modernizzazione, anche i Tuareg sono un popolo in via di estinzione.




Le donne Tuareg, pur nell'ambito della religione islamica,
godono di relativa libertà e vanno a volto scoperto;
per esse la cura dei capelli è una vera cerimonia


A parte i coloranti, il blu ha una ricca storia come coprente.
Sono noti dal mondo antico tre composti
messi a punto per ottenere il pigmento blu, che non esiste come tale in
natura: il blu egizio, il blu maya e il lapislazzuli. Il
primo è un composto artificiale policristallino il cui componente
principale, responsabile del colore, è un tetrasilicato di calcio e
rame. L'uso del blu egizio è documentato già a partire dal III
millennio a.C., anche se la sua scoperta - empirica, poi chiarita nei
suoi aspetti chimici - probabilmente è ancora più remota. Il
blu maia deriva dall'incorporamento, a temperature di fusione, di un
colorante vegetale come l'indaco, in un materiale argilloso. Il
lapislazzuli infine, è una roccia, composto da diversi minerali
(lazurite, pirite e calcite), da cui con un complesso procedimento
viene prodotto il blu oltremare, un pigmento inorganico di colore blu.


DA OMERO.IT
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mariposa azul
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IL COLORE BLU - IL GUADO, PIANTA DEL BLU

Messaggioda mariposa azul » 28/05/2010, 23:13

l'articolo è preso da http://www.bibrax.org/bibrax_iniziative/rimedi_naturali/guado.htm

GUADO (Isatis
tinctoria L.- Famiglia Cruciferae )






Altri nomi volgari: Glasto comune, Erba di guado, Tintaguada, Guadone, Vado,
Glastro.



Caratteri botanici



Pianta erbacea biennale spontanea, robusta, originaria dell’Europa
meridionale e diffusa in tutti il territorio europeo, prospera su terreni
poveri e sassosi, nelle colture abbandonate, nelle radure e lungo i margini di
strada. Isatis tinctoria è una brassicacea (ovvero appartiene alla stessa
famiglia di cavoli, verze e broccoletti) nota fin dall’antichità per le sue
proprietà medicinali, il ristretto uso alimentare e, appunto, le
caratteristiche tintorie. Sparsamente pelosa, nel primo anno di vita è
caratterizzata da una rosetta basale di foglie lanceolate; successivamente nel
secondo si estende in altezza sino a superare il metro, con infiorescenze di
colore giallo vivo riunite in densi racemi terminali, che si trasformano in
frutti dall’aspetto di silique pendule, scure, in cui è contenuto il seme.

Le parti commestibili sono le infiorescenze (taddi, giummi o brucculeddi)
prelevate nel mese di aprile con i fiori ancora in boccio: la fioritura
completa infatti avviene da noi fra maggio e luglio.

Il colorante è contenuto nelle foglie e si ricava in seguito al taglio di
queste; tale operazione non danneggia la pianta, che emette nuove foglie,
permettendo così dai quattro ai cinque tagli l’anno; tradizionalmente in molte
zone di coltivazione veniva fissata comunque una data ultima per il taglio, per
non alterare la qualità del prodotto, dato che verso l’autunno le proprietà
tintorie della foglia andavano via via riducendosi; in alcuni statuti medievali
dell’Italia centrale viene indicato a questo proposito il giorno di San Michele
Arcangelo, cioè il 29 di Settembre.

Cenni storici Reperti di tessuti di lino e canapa colorati di blu e
risalenti al Neolitico documentano l'antico uso del guado dal Mar Nero
all'Europa, all'India, all'Africa del Nord. Il suo impiego in passato è
testimoniato oltre che da reperti tessili risalenti al V secolo a.C., anche
negli scritti di Cesare (I secolo a.C.) e di Plinio, circa l’uso che i Bretoni
ne facevano per tingersi i corpi prima delle battaglie con l’intenzione di incutere
terrore ai nemici. Il vasto impiego come colorante diede avvio nel Medioevo
alla coltivazione della pianta sino al secolo XIII.

Conosciuta ed apprezzata come pianta medicinale astringente e tintoria già
nell'antica Roma, Isatis tinctoria L. ebbe la sua massima diffusione nel
Medioevo.

Nel XIV la coltura del guado si estese soprattutto in Normandia e questa
provincia fornì ai tintori di Rouen il blu di Persia, di cui i paesi orientali
erano grandi acquirenti. Fu coltivata nel tempo in molte regioni italiane,
successivamente abbandonata con l'importazione dell'indaco indiano (Indigofera
tinctoria L.), di maggior resa tintoria. La sua coltivazione è stata oggi
ripresa e valorizzata sia in Francia che in Italia con ottimi risultati.

Le foglie vengono utilizzate per l'estrazione dell'indaco, termine che
probabilmente deriva da indicum e si riferisce al paese d'origine, l'India.
Attraverso processi di macerazione e fermentazione in acqua, si ottiene una
colorazione gialla verdastra; la soluzione, agitata ed ossidata, fa precipitare
i fiocchi d'indaco (indigotina) di colore blu. La colorazione, molto solida ed
insolubile in acqua, ha un vasto campo d'applicazione principalmente in campo
tessile per lana, seta, cotone, lino e yuta, ma anche per vernici, colori per
uso pittorico e cosmetico.

Uso alimentare I germogli del Guado non sono una verdura molto ricercata,
forse a causa della loro non facile digeribilità. Si consumano lessati e
conditi con olio e limone oppure come ingredienti nelle frittate e in effetti
non si conoscono notizie circa l`uso alimentare di questa pianta al di fuori
del territorio etneo.



Il blu dei Celti



Isatis tinctoria era la fonte vegetale del blu in epoca antica e il nome
comune “Guado” deriva da una radice che alcuni testi riportano come celtica,
altri germanica: weid, termine grosso modo equivalente ad "erba
selvatica".

Plinio parla di glastum, derivandolo dal celtico glas, che indica l’azzurro,
con riferimento ai laghi; la radice del termine usato dal naturalista romano è
rimasta sino ad oggi nell'inglese glass, vetro, probabilmente perché i vetri
primitivi contengono tracce di metalli che conferiscono loro un colore
verdastro.

Il colore quindi era ben noto nell'Europa celtica, e il suo uso su stoffa
testimonia raffinate anche se empiriche conoscenze sulle caratteristiche ed il
trattamento dei materiali.

Le foglie di Isatis tinctoria contengono due composti organici complessi, il
glucoside indacano e l’estere isatanoB; da entrambe le molecole si può ricavare
la molecola dell’indaco, che ha la proprietà di tingere le stoffe di blu. Se si
spezzano le foglie all’aria, queste due molecole subiscono infatti una reazione
chimica spontanea dando luogo all’indaco propriamente detto. Tale composto però
non è solubile in acqua, e quindi per poter essere utilizzato deve essere
trattato chimicamente. La sostanza colorante non è quindi disponibile
direttamente, ma va ricavata attraverso una lavorazione complessa; ciò
giustifica in parte il valore elevato del colore blu nell’antichità.

Il tessuto o il filato deve poi essere tinto in condizioni riducenti, e solo
successivamente trasferito in condizioni ossidanti, in modo da ritrasformare in
indaco le molecole già fissate sulla fibra. Questo si può ottenere abbastanza
banalmente mantenendo per tutto il tempo del trattamento a caldo il bagno di
tintura il più possibile isolato dall'aria o da fonti di ossigeno mediante un
coperchio, ed esponendo poi all'aria il tessuto durante il lavaggio successivo.


Il fenomeno dell'ossidazione all'aria è piuttosto rapido e molto vistoso:
quelli che nel pentolone, al momento di scoperchiarlo, apparivano come
straccetti di un patetico giallo limone acerbo, virano rapidamente attraverso
tutta la gamma dei verdi per assumere poi un colore blu di intensità variabile,
in funzione della concentrazione che la sostanza colorante aveva nel bagno di
tintura.
Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.”
RICHARD BACH

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mariposa azul
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IL COLORE BLU - IL GUADO, PIANTA DEL BLU

Messaggioda mariposa azul » 28/05/2010, 23:30

La Pianta Blu

Woad, Glasten, la cui traduzione significa 'Erba Selvatica'.
L'antica forma della parola, Wad, ha dato nome a molte località
delle Isole Britanniche: Wadborough, Waddon, Wadd Ground, Waddicar. Ma
il mio pensiero corre alle distese di Guado sull’isola di Glastonbury,
alle figure delle Sacerdotesse dell'Isola dei Meli, tra le nebbie, nelle
loro vesti azzurre, forse tinte con le foglie macerate di questa pianta
e appese al sole ad asciugare...

Quando Cesare invase la Britannia nel 55 d.C, i Romani si videro
assaliti da guerrieri con corpo e viso dipinti di blu: alcuni dicono che
fossero i Pitti, i ribelli scozzesi, ma la maggior parte degli storici
ritiene che coloro che incontrarono i Romani, fossero popoli celtici.
Una conferma della probabile presenza di colture di quest’erba nei
dintorni di Glastonbury. Anche tra gli Iceni della regina Boudicca, era
d'uso dipingersi il corpo e il viso in battaglia con il guado. The Woad.
Il primo compito del Guado era quello di proteggere i guerrieri,
attraverso la scrittura sul corpo di simboli e segni. Ma oltre a
proteggersi e a spaventare il nemico, aveva l'innegabile dote di
disinfettare, proprietà utilissima durante la battaglia, per sanare in
fretta le ferite.
Il Guado, nelle ere, fu ampiamente impiegato in molti modi: tintura
tessile primariamente, come foraggio o erba medica per l'intestino, come
cosmetico per le donne, ma anche come pigmento per le belle arti, in
tutta Europa, dal Nord al Sud, e in Italia nella zona della Toscana e
del Centro Italia, dove alcuni paesi si sono sostenuti con il commercio
del Guado per secoli, in tempi passati. L'estrazione e la tintura erano
infatti processi piuttosto complicati, quindi il pigmento indaco era
molto prezioso, e il suo colore legato alla nobiltà terriera, il che ne
faceva un bene di lusso.

Fin dall’età del bronzo uomini e donne di
ogni popolo e regione del Mondo, cercarono di rapire la bellezza della
natura attraverso l'arte. Fissarla, in qualche modo, per averla sempre a
'disposizione', per ricordare, per goderne le straordinarietà anche
durante l'inverno bianco e grigio, quando i colori dei fiori sono
sepolti dalla neve e dalla pioggia. Fissare i colori, soprattutto,
richiese grande spazio alla creatività umana. Inoltre, non scordiamo che
la crescita delle società complesse fece insorgere la necessità di
differenziazione, di identificazione in alcuni gruppi sociali, per
esempio i Sacerdoti e le Sacerdotesse, attraverso abiti colorati di
differenti tonalità. Per questo forse nacque l'arte tintoria. Non
esageriamo parlando d'arte, perché grande fu il valore che i popoli del
passato diedero ai colori dei tessuti e a chi operava queste mutazioni
chimiche, fissando la bellezza della diversità della natura sulle lane e
le sete.
Per millenni in molte culture il blu è stato il simbolo della Divinità,
perché è il colore del cielo, dove secondo alcune religioni è collocato
il Pantheon degli Dei. Ma è anche il colore del mare e dell’acqua,
simboli della femminilità e della Dea.
Dai greci ai vichinghi, dai babilonesi ai popoli del Medio Oriente, come
gli Egizi, agli stessi Cristiani, dove nell’iconografia il manto della
Madonna è sempre azzurro, si è usato il blu, color della purezza e della
pace. L'azzurro fu anche il colore che assunsero nelle storie cantate
le vesti dei principi e dell'aristocrazia medioevale, e il colore che i
pittori utilizzavano largamente nei preziosi dipinti sacri… ma non
dimentichiamo che il blu scuro è il simbolo della notte, dell’oscurità,
dell’Altromondo, della profondità delle acque pericolose e remote.
La dualità del blu dipende proprio dal bianco e dal nero, che rendono
così differenti le tonalità del celeste e del blu notte, come due
opposti, uniti dalla stessa forza.
Per questa sua ambiguità forse da molti viene definito un colore
misterioso, magico, complesso.

preso da http://www.tempiodellaninfa.net/public/print.php?sid=112&MDPROSID=317074820af634b445139acd80a5bd45
Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.”
RICHARD BACH

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IL COLORE BLU - IL GUADO, PIANTA DEL BLU

Messaggioda drago-lontra blu » 29/05/2010, 22:05

il blu dei Maya ( tratto da blupepper)



Resistente a climi estremi, si mantiene intatto nei
secoli. E non c'è solvente ultramoderno che riesca ad aggredirlo. Il
segreto del blu Maya, il pigmento turchese che caratterizza opere
d'arte, offerte votive e ricopriva il corpo delle vittime sacrificali
dell'antica civiltà, è rimasto a lungo un mistero. Ora gli scienziati
hanno scoperto come questo popolo realizzava il colore, che è stato
definito una delle grandi conquiste artistiche e tecnologiche della
Mesoamerica.

Il risultato si deve ai ricercatori americani del Wheaton College
dell'Illinois e del Field Museum di Chicago, secondo i quali la
preparazione era strettamente collegata ai riti dei sacrifici. Il
pigmento, usato dai Maya nella Mesoamerica, l'area compresa fra la fine
delle piane desertiche del Nordamerica e l'Honduras, in un periodo che
va dal 300 e il 1.500 d.C., ha destato da sempre l'interesse di chimici e
fisici dei materiali per la sua particolare stabilità chimica e per la
resistenza agli acidi, alle intemperie e al clima durissimo della
regione.

Il blu, spiegano i ricercatori, era il colore dei sacrifici per gli
antichi Maya che dipingevano con questo pigmento il corpo delle vittime
umane deposte sull'altare prima di strappare loro il cuore o prima di
gettarle nel sacro Cenote, un pozzo naturale che si trova nel complesso
di Chichen Itzà in Messico.

Il blu, poi, era usato anche nei dipinti murari, negli artefatti in
ceramica e legno, che sono stati ritrovati in fondo al pozzo. Un
recipiente di terracotta simile a un braciere a tre piedi, rinvenuto
proprio nei pressi di questa cavità nel 1904, è stato cruciale per la
scoperta che è in via di pubblicazione sulla rivista britannica
Antiquity.
L'oggetto, contenente molti frammenti di un'ambra chiamata copale, è
stato analizzato con il microscopio elettronico che ha individuato
tracce di indaco, un colorante che si ottiene dalla pianta dell'indaco, e
palygorskite, un minerale argilloso. Questi ingredienti, spiegano i
ricercatori, venivano fusi a caldo e il processo fissava il colore in
modo indelebile. "La combinazione di questi tre materiali, ognuno dei
quali fu usato anche nella medicina Maya, ha un grande valore simbolico e
rituale" ha spiegato il primo autore dello studio, Dean Arnold, del
Wheaton College. "Se si pensa che i sacrifici officiati - ha proseguito -
erano rivolti al dio della pioggia Chaak il simbolo che ne risulta è il
potere di guarigione dell'acqua in una comunità agricola strettamente
dipendente dalla frequenza e dall'intensità delle precipitazioni".

[b]"Blu egiziano" DA ABOUT.COM[/b]

(irtiu, sbedj) è stato effettuato col ferro che unisce
ossidi di rame con silice e calcio.
Questo ha prodotto un colore ricco che
però era instabile e, a volte oscurato e cambiava colore nel corso degli
anni.
Anche se alcune sculture egiziane sono state colorate con l'aggiunta di rame
di terra a terra al quarzo, la ceramica azzurra è stata decorata da cobalto. Sucessivamente dato che "Pigmenti a base di rame devono essere applicati in strati spessi e sono stati aggiunti dopo la cottura, ma tendevano a sfaldarsi , invece di rame, il colorante utilizzato sulla maggior parte delle ceramiche blu dipinto fu il cobalto, ........
Analisi della vernice ottenuta dal sito ha dimostrato che il cobalto è
stato accompagnato da tracce di zinco, nichel e manganese, una miscela
di elementi distintivi sufficiente per servire come un'impronta digitale
chimica.
(DA theepochtimes.com )


Il Blue era simbolico del cielo e dell'acqua. In un certo senso cosmico, questo estendeva il suo simbolismo per i cieli e per il diluvio promordiale e in entrambi i casi, blu ha assunto un significato della vita e della ri-nascita. Blue era
naturalmente anche un simbolo del Nilo e le sue colture associate, le offerte e la fertilità.
La fenice, che era un simbolo del diluvio primordiale, è stata modellata su
l'airone che naturalmente ha un piumaggio grigio-blu Tuttavia, essi erano di solito raffigurati con brillanti penne blu per sottolineare la loro associazione con le acque
della creazione. Amon fu spesso indicato con la faccia blu per simboleggiare il suo ruolo
nella creazione del mondo. Per estensione, il Faraoni erano talvolta indicati con facce blu , anche i babbuini furono raffigurati colorati di blu, ma non ne è certo il motivo. Tuttavia, l'ibis, un uccello blu era un simbolo di Thoth, proprio come il babbuino e può essere che i babbuini erano di colore blu per sottolineare la loro connessione a Thoth.
Gli dèi si dicevano tali per i loro capelli fatti di lapislazzuli, una pietra azzurra.


.


Nota: nell'immagine sopra della cerimonia di apertura della bocca la mummia e Anubis entrambi hanno i capelli blu
Arcansiel, bellissimi e molto interessanti i tuoi approfondimenti. IO ho aggiunto qualcosa perché cosi' tanto e tutto insieme rende il forum ricchissimo.
Abbiamo un punto blu colmo di informazioni.
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