L'albero del drago

Le fiabe, le Creature magiche, i Draghi, sono solo racconti per bambini, o esistono veramente e hanno qualcosa da insegnare anche agli "adulti"...?
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drago-lontra blu
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L'albero del drago

Messaggioda drago-lontra blu » 03/08/2009, 21:50

:flower: L'Albero del Drago nel Mito e nella Tradizione :flower:



troppo interessante per rimpicciolirlo......
Suspect ........ fatevi coraggio è un bellissimo articolo. drunken





La Dracaena Draco è una pianta conosciuta in passato con un nome
straordinario, che allude subito a magie e portenti antichi. Essa era
l’Albero del Drago, un essere vivente ritenuto misterioso e prodigioso,
che poteva essere inciso e liberare una delle sostanze più preziose
dell’antichità: il “Sangue del Drago”.


I sapienti romani e greci conoscevano infatti un reagente chimico che
utilizzavano in medicina e tintura, il cui colore e la cui densità,
unite alle portentose caratteristiche, faceva loro pensare a qualcosa
di preternaturale e magico, come appunto il sangue di un drago.


In realtà, quello che mercanti, carovanieri e speziali vendevano nelle
grandi città del bacino mediterraneo come sangue del drago erano
sostanze di diversa origine e natura. C’era sicuramente il cinabro,
minerale da cui si estraeva il mercurio, attraverso la forma
cristallina del solfuro di mercurio. Una mistura contraffatta che
vendeva smerciata poi ai clienti meno accorti o a quelli che volevano
risparmiare era composta da sangue di bue, sorbo secco e polvere di
terracotta.


La maggior parte dei carichi di sangue di drago “originale” (in questi
casi chiamati anche “vero sangue di drago” o “cinabro vegetale”) erano
invece composti dalle resine essiccate o semiliquide estratte dalle
differenti specie di quattro distinti generi botanici: Pterocarpus,
Croton, Daemonorops e, appunto la Dracaena. Tra tutte queste modalità,
l’incisione del tronco della Dracaena Draco delle isole Canarie e della
Dracaena Cinnabari di Socotra (isola a sud dello Yemen) era senz’altro
la più celebrata e diffusa fonte di sangue del drago dell’antchità.


Il sangue del drago viene nominato da alcuni testi naturalistici, come il
Periplus maris erythraei, scritto probabilmente in greco da un mercante
egiziano del I sec. d.C., il De Materia Medica del medico, farmacista e
botanico Dioscoride Pedanio e la Naturalis Historia di Plinio il
Vecchio. Proprio quest’ultimo ne racconta anche l’origine, narrando lo
scontro letale tra un elefante e un drago e la nascita della pianta dal
mescolarsi del sangue dei due animali.


Al di là delle leggende più pittoresche, la resina della Dracena era
certamente utilizzata come colorante e sostanza medicamentosa dai
misteriosi Guanches, la popolazione indigena (in età storica) delle
Isole Canarie.


Ad Orotava, nell’isola di Tenerife, cresceva nel ‘700 un esemplare di
Dracaena Draco, che il botanico tedesco Von Humboldt descrive nei suoi
“Quadri della Natura”.


Studiando le dinamiche di accrescimento di queste piante e misurando in
quell’esemplare delle dimensioni ragguardevolissime, Humboldt stimò che
esso doveva avere approssimativamente 6000 anni di vita, qualificandolo
come l’essere più antico in quel momento sul pianeta. Seppure questa
ipotesi non sia stata mai confermata, i draghi delle Canarie, anche se
vegetali concreti e non animali fantastici, sono tra gli esseri più
interessanti e misteriosi dell’occidente europeo. Essi sarebbero stati
tenuti in grande rispetto e considerazione dai Guanches, che
amministravano alcune cerimonie pubbliche e religiose intorno alla base
di questi giganti grigi.

Anche gli abitanti di Socotra avevano una predilizione per le Dracene,
che dicevano essere alberi benefici,
in grado di scacciare i Djinn (geni, spiriti) malefici e che
connettevano alle molte leggende sui draghi riportate su quell’esotica
isola sperduta. Il nome stesso dell’isola, Suqatrah, pare sia una
traslitterazione del toponimo arabo che sta per “mercato (suq) delle
dracene (qatir)” ovvero l’isola era conosciuta come un grande
porto-mercato frequentato principalmente per le Dracene e la loro
resina.


Leggiamo da resoconti di leggende locali, che esso veniva chiamato anche
l’“albero dei due fratelli”, perché si diceva nato sulla tomba di
Abele, ucciso da Caino. Il sangue che ne trasuda ricorderebbe proprio
quel mitico episodio biblico. La sua linfa avrebbe per questo il potere
di togliere la vita oppure di ridarla.


In maniera più concreta, gli indigeni delle Canarie e di Socotra usavano
la resina dell’Albero del Drago come un rimedio per ogni problema della
pelle e del sangue, per ferite che tardavano a coagulare, piaghe e
febbri, diarrea e dissenteria, ulcere a bocca, stomaco, gola e
intestino, perfino per irregolarità mestruali e traumi interni ed esso
veniva raccomandato per abortire ma anche per ricostituente dopo una
gravidanza.
Per gli stessi usi e per gli innumerevoli esperimenti di
fisici classici, scienziati arabi, maghi bizantini e alchimisti
rinascimentali essa fu importata dall’estremo occidente europeo o
dall’isola yemenita spersa nell’Oceano Indiano.

Il primo e più comune impiego del sangue di drago era comunque molto prosastico.
Esso serviva come colorante negli opifici che producevano stoffe, tessuti e
abiti. Il Sangue di Drago forniva un rosso più forte di quello prodotto
dalle radici della robbia (Rubia Tinctorum: la più antica fonte
conosciuta per il rosso) ma meno brillante del vermiglio estratto dagli
insetti della famiglia Kermesidae e meno cupo e vivido della porpora
estratta dai murici.


Con questi ultimi due coloranti il sangue di drago riusciva a competere
anche per preziosità, prestigio e difficoltà di reperimento. La resina
della Dracena aveva una tonalità forte e stabile, resistente al
lavaggio e all’esposizione della luce.

La tintura avveniva in grossi recipienti di argilla o in vasche di conglomerato,
nei quali il tessuto veniva immerso in una soluzione di acqua e colorante e agitato
diverse volte, mentre il liquido veniva riscaldato fino ad un
potenziale punto di ebollizione. Il sangue del drago era una delle
cosiddette “grandi tinte”, ovvero dei reagenti più preziosi e difficili
da reperire, trattati dai mercanti e dai tintori più importanti. Esso
veniva dapprima macerato nelle vasche e cotto fino a rilasciare una
densa colorazione uniforme e poi attendeva i tessuti o le matasse di
filato. La sua natura “mordente” non necessitava nemmeno di utilizzare
altre sostanze fissanti durante la “mordenzatura” e ne faceva un
prodotto a tutto tondo.

La resina veniva utilizzata anche per
lacche, tinture per legno, pigmenti per cosmetici, tinte, ombretti e
rossetti, coloranti per il vetro, il marmo e le pietre dure e tutti gli
altri usi analoghi che l’ingegno degli artigiani antichi riusciva ad
ideare.

L’erboristeria e la medicina erano la seconda
applicazione. Abbiamo già detto i mille usi e applicazioni che ne
riportava la tradizione dei guaritori, degli speziali e dei medici
antichi e medievali.
Nei banchi e nei ricettari del passato il “sangue di drago” era sempre
presente accanto a tutti gli altri rimedi conosciuti: estratti
vegetali, polveri minerali, parti innominabili di animali e altri
componenti più o meno magici: olio di mummia, bezoar e veleno di
scorpioni. La tradizione di queste portentose funzioni rimane ancora
oggi, nelle ricette wicca, nelle candele e negli incensi proprie della
sensibilità new age e perfino nel vudu haitiano e americano.


L’alchimia utilizzava il sangue del drago come uno dei tanti simboli esoterici che
si incontrano nel percorso iniziatico che conduce alla realizzazione
della Grande Opera. Il rosso della resina di Dracena alludeva alla
Rubedo dei filosofi e degli occultisti, quell’itinerario chimico e
spirituale che doveva portare l’uomo a superare i conflitti in una
sintesi superiore ascendendo a nuovi fasti.


Nel tipico linguaggio ermetico che è proprio dell’alchimia occidentale, il
francese Nicolas Flamel così descrive questi passaggi, nella sua
Explication des figures hiéroglyphiques:
Il rosso lacca del leone volante, simile al puro e chiaro scarlatto che ha
il seme della rossa melagrana, dimostra che in tutto la Pietra si è
realizzata, rettamente e genuinamente. Perché essa è quel leone che
divora ogni pura natura metallica, e la trasforma in vera sostanza, in
vero e puro oro, più fine di quello delle migliori miniere. Così
trascina l'uomo fuori da questa valle di lacrime..


La Grande Opera si conclude proprio con il rosso acceso della Pietra
Filosofale, lo stesso rosso acceso dei fuochi viventi che ardono
nell’Atanor, il crogiolo degli alchimisti, e dell’oro rosso a cui
spesso gli occultisti alludono come sostanza simbolica dei processi
alchemici.

Grazie a tutta questa sovrabbondanza di simboli
implicati, gli Alberi del Drago vennero perfino ritratti in celebri e
importanti opere d’arte del passato.
Ne “Il Giardino delle Delizie”
di Hyeronimus Bosch, e in particolare nell’immagine visionaria del
paradiso, si distingue probabilmente una Dracena, pianta che trova
posto, per il geniale pittore perfino nel giardino dell’Eden.


Anche nel “S. Giovanni a Patmos” di Hans Burgkmair, il santo è ritratto tra due palme e, probabilmente, il fusto di una Dracena.



Ultima nota di colore (rosso) è quella che pone una misteriosa e inquietante
correlazione tra i draghi delle Canarie e i miti più antichi del mondo
greco.
Nel Giardino delle Esperidi, luogo immaginario, ma
identificato proprio con le Isole Canarie, era un misterioso Drago a
custodire il giardino dei meravigliosi pomi dorati di Atlante, una
sorta di paradiso mediterraneo posto ai confini occidentali del mondo.


Se questi indizi alludano proprio alla nostra Dracaena Draco non è in
questa sede dato saperlo, ma segnaliamo infine un ultimo accenno a
questo mitologema situato a Roma, nella celebre Porta Alchemica di
Piazza Vittorio.
Su questo incredibile concentrato di simboli e
geroglifici alchemici e filosofali, spicca ai nostri occhi una parte
dell’epigrafe dell’architrave:

HORTI MAGICI INGRESSUM HESPERIUS CUSTODIT DRACO

“Il Drago delle Esperidi custodisce l’ingresso del giardino magico”.









Pubblicato da
Mauro Longo

grazie amici, vero che è una cosa inteessante? caprapal






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L'albero del drago

Messaggioda shanti » 04/08/2009, 11:05

E' veramente un essere prodigioso e misterioso. Al di là del suo nome, e per me, che amo i Draghi, già sarebbe sufficiente, colpisce la maestosità e l'armonia di questo Albero.
Sembra un calice con grandi radici.Cielo e terra uniti in questo essere.
Ho sempre avuto la curiosità di sapere di più su Sangue di Drago e chi meglio di te poteva soddisfarla?
Grazie Drago blu.....ho un'amica che passa spesso molto tempo a Socotra, chissà se mi sa dire altro?
Sii umile perché sei fatto di Terra, sii nobile perché sei fatto di Stelle.
Con la Luce di Michele nel cuore. shanti

Ospite

L'albero del drago

Messaggioda Ospite » 04/08/2009, 11:24


grazieeee grazieeee infiniteeee
Drago Blu amoreeee stellareeee
non posso commentare
però però
posso posso solo solo direeee
grazieeee grazieeee infiniteeee
antichi popoli indigeni di diverse regioni del mondo
illuminati da Dio
c'ì avete donato il vostro sapere
e
le vostre esperienze sul mondo vegetale
per il nostro benessere (sia della mente del corpo e dello spirito)

abbracci Abbraccio cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante cuore pulsante
fabiana

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L'albero del drago

Messaggioda drago-lontra blu » 05/08/2009, 13:15

Magari, mi piacerebbe saperne di più Shanti.

Ciao BIA
è relativo commentare, spesso ho poco da dire anche io, ma che importa? basta un saluto per dire ci sono, per dire ti voglio bene.
Che altro serve? abbracci abbracci
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